by Bob I0QM

 

Le comunicazioni radio in VHF, occupano lo spettro di frequenza superiore a 30 MHz, si hanno quindi, mediante la propagazione e la ricezione d’onde elettromagnetiche di piccola lunghezza d’onda.
Queste onde, che viaggiano alla velocità della luce, possiedono un campo elettrico ed un campo magnetico perpendicolari tra loro ed alla direzione di propagazione.
Le onde elettromagnetiche si trasmettono e si ricevono mediante l’antenna, per es. un dipolo o meglio una Yagi-Uda.
I cultori delle VHF/UHF hanno le idee chiare sulle possibilità offerte dalle altissime frequenze, e ne conoscono pregi e limiti. Una conoscenza approfondita dei fenomeni legati alla propagazione di tali frequenze, non dovrebbe sminuire il fascino ed il valore del DX (collegamenti a lunga distanza) che alcuni bravi ed esperti operatori riescono a realizzare, suscitando giusta ammirazione ed anche spirito d’emulazione. Tale conoscenza dovrebbe invece sfatare alcuni miti ed idee preconcette, a tutto vantaggio di chi, con genuinità, si affaccia su tali frequenze con impegno e desiderio di buoni risultati nel DX e nel contest (gara DX tra radioamatori).
La buona letteratura sull’argomento è destinata alle comunicazioni professionali, dove generalmente è il ponte radio ad assicurare un’alta stabilità nella tratta da coprire in radio frequenza. Nel caso dei radioamatori non è richiesta una copertura garantita al 100% ventiquattrore il giorno, bensì la possibilità di realizzare collegamenti difficili ben oltre la portata ottica geometrica, spesso con mezzi modesti e non con antenne da broadcasting né con potenze di kilowatt.
I fattori fisici che limitano la propagazione delle onde elettromagnetiche VHF, sono dovuti, essenzialmente, alla curvatura della terra ed alla presenza d’ostacoli. Le frequenze superiori a 30 MHz, infatti, penetrano generalmente la ionosfera Link esterno e non ritornano più a terra se non alla presenza d’eventi particolari o anomalie. La propagazione VHF avviene perciò soprattutto per mezzo dell’onda spaziale (onda diretta più onda riflessa dal suolo).
Volendo trascurare volontariamente mezzi di propagazione più esotici, come la riflessione meteorica (meteor-scatter) e lo strato E sporadico, con MUF (massima frequenza utilizzabile) che possono anche superare i 220 MHz; anche lo strato F2 o il poco conosciuto F3 nelle zone transequatoriali, hanno MUF generalmente al di sotto dei 70 MHz e solo durante la fase di massima attività del ciclo solare e particolarmente ricercate dai cultori dei sei metri.
Tralasciando le possibilità oggi offerte dai modi digitali, dall’EME e dal MS, quindi nell’uso normale della SSB e CW, la distanza massima di un collegamento è funzione del tipo di propagazione delle onde radio e certamente dai parametri operativi:

  • sensibilità del ricevitore;
  • potenza del TX;
  • guadagno dell’antenna;
  • propagazione.

La sensibilità del ricevitore è oramai standard, e non è sottoposta alla bontà del preamplificatore che serve solo nel caso di linee di discesa lunghe o per ricevitori realmente sordi. Tale sensibilità è conseguenza del rumore dell’ambiente in cui operiamo e sui 144 MHz nel caso più fortunato della cima di un’isolata montagna, dove non ci sono automobili, né frullatori né tutto il rumore prodotto dall’uomo (man made noise), rimane in ogni modo il noise termico e cosmico. Tale rumore, di fatto, farà lo stesso diventare la cifra complessiva di rumore del nostro sistema ricevente (RX o ricevitore) pari a circa 2.5 – 3 dB anche con l’uso dell’ultimo preamplificatore GaAsFet alla moda da 0,01 dB NF.
Sui 2.3 GHz, puntando l’antenna in zone “fredde” del cielo, potremmo avere anche pochissimi gradi Kelvin, di poco superiore alla CMB (Cosmic Microwave Background Link esterno) e sensibilità effettive centinaia di volte superiori, a patto d’avere un lobo d’antenna molto pulito. Non a caso le SHF sono le più adatte alle comunicazioni spaziali.
Sulla sensibilità del ricevitore c’è poco da intervenire. Per la potenza del TX bisogna fare i conti con il contratto della rete elettrica o con la capacità del nostro generatore a scoppio. Potenze elevate, fino al massimo di uno/due Kilowatt (fuori limite, in Italia: max 500 W), sono da usare con molta moderazione anche se offrono un discreto vantaggio, rendendo il nostro segnale ben udibile anche nelle rumorose zone urbane, e da stazioni con antenne modeste.
Rimane l’ultimo parametro: il guadagno dell’antenna. Qui gli OM hanno campo libero e l’unico limite è la dimensione fisica dell’ingombro, del peso e la necessaria robustezza e stabilità, anche se, lobi d’antenna molto stretti e quindi d’altissimo guadagno, sono controproducenti in talune situazioni. Un’antenna tipica, una singola Yagi-Uda da 6 metri di boom, offre un guadagno di circa 13 dBd sui 144 MHz.
Un’antenna di buona fattura dovrebbe offrire tale guadagno reale, che misurato sul campo potrebbe diventare anche 18/20 dBi a causa del “ground gain” o guadagno da riflessione del suolo. Con 150/300 Watt e 13 dBd d’antenna cosa possiamo aspettarci dalla propagazione?
I fenomeni anomali, tanto temuti dai professionisti, perché causa d’imprevedibili interferenze, sono invece la delizia dei radioamatori e permettono di coprire distanze incredibili con gran soddisfazione dei fortunati partecipanti al fenomeno.
L’onda diretta viaggia attraverso la troposfera Link esterno ed uno dei fattori che maggiormente influenzano la sua propagazione è proprio l’indice di rifrazione Link esterno della troposfera, che estende la propagazione consentendo facili QSO locali fino a 400/500 Km e con impianti modestissimi. La troposfera è la regione dell’atmosfera terrestre che si estende dalla superficie fino a circa 10 – 13 Km d’altezza. È in questa regione che si formano le nuvole e che la temperatura diminuisce notevolmente con l’altezza, ma è anche sede di notevoli turbolenze.
La propagazione, delle onde radio nella troposfera, è il risultato di diversi meccanismi. Questi sono la diffrazione Link esterno, la rifrazione normale e anomala, la diffusione troposferica.
La rifrazione porta ad una propagazione notevolmente superiore al calcolo ottico geometrico, la cosiddetta propagazione “diretta”. In estate o durante tutti i periodi di quiete ed alta pressione, sono facili anche i soliti QSO locali di 400/500 Km fatti col portatile dotato di gommino.
Ma fenomeni di superrifrazione e intrappolamento, che avvengono nelle parti più basse della troposfera (in genere sotto i 500m s.l.m.), danno luogo ad uno strato di conduzione atmosferico nel quale l’onda è intrappolata così che si possono raggiungere distanze fino a 1200/1500 Km ed oltre alla presenza di vaste estensioni di mare, dove tale fenomeno facilmente avviene.
La superrifrazione ed intrappolamento in dotti troposferici, “tropospheric-duct Link esterno“, avviene anche in zone di superficie terrestre, “ground-based-duct” o “surface-duct”, proprio durante la notte quando tutti dormono, ma i dotti così formati in genere non resistono e scompaiono completamente nelle ore più calde del giorno, al contrario di quelli marini, in tali casi le ore più favorevoli sono di mattino presto. In ogni caso l’altezza del condotto è di pochi metri, in corrispondenza dell’inversione di temperatura, mediamente appena 10 metri nelle zone mediterranee, limitandone l’uso alle sole V/UHF.
L’angolo d’ingresso al dotto, affinché avvenga l’intrappolamento dell’onda elettromagnetica, è in genere inferiore al grado. Questo fatto comporta che solo le stazioni nella vicinanza del dotto potranno usufruirne, o con un rapido calcolo, solo quelle comprese in una distanza di 30 – 40 Km dal dotto stesso. Per tale ragione è facile avvenga che una stazione ascolti segnali DX fortissimi ed un’altra ad appena pochi chilometri non riesce a percepirne neppure la presenza. Per questo motivo è importante non mantenere occupate le frequenze DX in QSO locali con la convinzione di “tanto non c’e’ nessuno in frequenza”.
L’utilizzo della superrifrazione è alla portata di tutti e non occorrono grandi potenze o grandi antenne, spesso stazioni avvantaggiate geograficamente realizzano DX impensabili per altre stazioni ben più attrezzate tecnicamente ma lontane da tali aree. In assenza di “anomalie” da rifrazione, la portata è di molto superiore a quella ottica, ed è dovuta principalmente a fenomeni di diffusione causati dalla non omogeneità delle masse d’aria nel tragitto attraversato dalle onde radio.
I segnali sono affetti molto spesso dalla riflessione da aerei di linea in volo e che contribuiscono a rinforzare il segnale, talvolta da pochi secondi fino ad uno/due minuti, consentendo il DX con distanze ulteriori di 100/200 Km oltre al fenomeno della rifrazione.
Il fenomeno della diffusione troposferica, causato dalle irregolarità delle masse d’aria nella tropopausa, è sempre presente in VHF e superiori, e consente, da solo, collegamenti stabili, pur nella precarietà di quanto appena sufficiente per concludere un QSO, 24 ore il giorno e tutto l’anno.
In caso di perturbazioni atmosferiche, i fronti d’aria calda e fredda che si scontrano, creano ulteriore rinforzo ai nostri deboli segnali e non è raro trovare possibilità di spettacolari DX anche con mezzi modesti ed al di fuori dei dotti troposferici che consentono invece collegamenti di migliaia di chilometri ma essenzialmente “via mare”. L’utilizzo di tale fenomeno, consente DX oltre la tipica distanza del QSO locale, tipicamente quei 400/500 Km che rappresenta invece il “muro” per tutte quelle stazioni con equipaggiamento troppo modesto e che usano il solo altoparlante al posto delle raccomandabili cuffie. La diffusione troposferica è alla portata di molte stazioni e consente normali QSO-DX fino a 500/800 Km per stazioni con 13 dBd d’antenna con 100 W purché il nostro corrispondente sia interessato, come noi, al DX, ed a patto però di avere l’orizzonte libero e l’antenna posizionata molto in alto, non per aumentare la portata ottica ma solamente per avere un basso angolo di radiazione del lobo principale dell’antenna. Infatti, ogni grado in più d’elevazione del lobo d’antenna comporta una perdita di circa 10 dB in tale modo di propagazione, vanificando qualsiasi possibilità di DX. Chi vuole sfruttare tale tipo di propagazione, deve necessariamente usare sostegni o tralicci molto alti, minimo 10/15 lunghezze d’onda, oppure recarsi sulla cima di una collina/montagna con buon “takeoff”, e vista magari a strapiombo o di buon declivio, oltre all’orizzonte assolutamente libero, mentre non è di nessuna importanza l’altezza “assoluta” della cima. Per questo motivo gli esperti di contest vanno sulla cima delle montagne, non solo per migliorare la portata ottica geometrica, ma per ottenere un basso angolo di radiazione anche con un modesto sostegno di pochi metri d’altezza. Per lo stesso motivo è inutile accoppiare antenne se montate ad altezze inadeguate. È meglio un sostegno molto alto con una singola Yagi-Uda in modo da ottenere un basso angolo di radiazione che più antenne accoppiate, che a causa del peso e della resistenza al vento non potremo mai montare abbastanza in alto per un buon traffico DX. Per tale difficoltà è più semplice salire di frequenza.
Le UHF o le basse SHF, consentono di ottenere bassissimi angoli d’elevazione del lobo d’antenna con sostegni d’altezza più ragionevole ed alla portata del radioamatore medio.
L’ottimizzazione dell’impianto d’antenna è l’unica soluzione efficace per chi è orientato al DX in VHF e superiori.

Per riassumere brevemente, le modalità di propagazione alla portata degli OM sono essenzialmente di due tipi:

  • Portata ottica o poco oltre, dove prevalgono le leggi fisiche della semplice attenuazione in funzione dell’altezza, della distanza e dell’indice di rifrazione atmosferico;
  • Portata oltre la linea dell’orizzonte, dove prevalgono i fenomeni fisici della diffrazione e dello scattering delle onde elettromagnetiche, con la varietà d’anomalie e fenomeni naturali generosamente offerti dalla natura per la gioia e delizia dei più raffinati DX-er.

Bob I0QM

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